Dopo neanche tanto tormentate elucubrazioni, ho deciso di creare una piccola serie dedicata ai geni, da me, incompresi. Sara’ una serie di articoli monografici su artisti che ho piu’ o meno consciamente ignorato per anni, e che improvvisamente sono entrati a dominare la mia collezione discografica.
Non voglio con questo proclamarmi esperta o depositaria di informazioni inedite su questi artisti. Semplicemente vi voglio raccontare come mi e’ capitato di pescarli dal mare di musica con cui vengo a contatto tutti i giorni.
Oggi vi voglio parlare di un eroe nostrano, Renato Zero. Se siete fan di Renato da anni tutto questo vi risulterà come una scoperta della proverbiale acqua calda, ma vi prego di perdonarmi, sono sorcina da poco. Per tutti gli altri che al solo nominare Renato Zero reagiscono con l’ inarcare le sopracciglia, spero di convincervi a dare un secondo ascolto alla sua musica.
In tutta la mia vita non ho mai sentito la necessita’ di colmare il vuoto nella mia cultura musicale riguardante Renato Zero. Nonostante fossi bene al corrente che Mina, il mio personale idolo canoro, avesse registrato un album intitolato Numero 0, ignorai completamente il messaggio secondo cui, forse, a Renato Zero mi sarei dovuta interessare. Fino al Natale scorso.
Complice un’ operazione in stile “Sepolti in casa” di rassettaggio dello studio di mio padre, sommerso tra i floppy disk ho trovato Prometeo. L’ album in questione raccoglie le registrazioni live di un tour di Renato del 1990, anno della mia nascita, a cui mio padre prese parte. Leggenda vuole che Renato, vedendo mia madre incinta nel backstage commento’: “Io sono a quota Zero”.
Nonostante questo aneddoto biografico, e nonostante il profetico rinvenimento, Prometeo non e’ il primo album di Renato che ho ascoltato. Un altro album aveva gia’ da tempo catturato il mio occhio (e se avete presente la copertina capirete perché): un vinile di Erozero del 1979. Ed e’ questo che mi ha fatto drizzare le orecchie.
La genialita’ di questo album sta in primo luogo nella sua struttura, accuratamente studiata come solo accade per gli album di un’ epoca che non prevedeva la modalità “shuffle”. Erozero presenta un perfetto equilibrio tra canzoni dal testo intenso e brani che oserei definire umoristici, anacronisticamente un po’ alla Elio e le Storie Tese. Inizia con “Il Carrozzone” seguito da “Fermoposta” che essenzialmente e’ la storia di un guardone.
Non solo i testi hanno qualcosa di veramente unico ed ispirato, ma anche gli arrangimenti sono fatti con estrema cura. In sintonia con le tematiche, si passa da archi malinconici e drammatici ad arrangiamenti di fiati con riff in stile Motown.
Il risultato e’ un album, a mio parere, perfettamente bilanciato sia nel contenuto lirico che musicale, il cui sound non e’ assolutamente superato, dovrebbe anzi essere di esempio per tanti cantanti pop contemporanei che si cimentano nella registrazione di un disco (sempre che sappiano cosa sia un arrangiamento).
Tornando a Prometeo, ho ascoltato anche quello. Nell’ unica maniera in cui riesco as ascoltare un album tutto di fila: facendo le pulizie di casa.
Ed e’ stata una vera soddisfazione sentire, tra le strofe cantate da Renato, cinque secondi di puro bop dei soli di mio padre.
Il mio consiglio e’ questo: ascoltate Erozero, tutto d’ un fiato. Date la cera, passate l’ argenteria, stirate, ma ascoltatelo senza intervalli.
E guardatevi il live di Prometeo. Ve lo dico subito, mio padre non si vede (per motivi di contratto RAI non poteva comparire in video), ma si sente eccome. Al minuto 9:35 accompagna un balletto di Renato.
E se proprio Renato Zero non fa per voi, vi lascio solo un pensiero: